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Posted by on Apr 6, 2015 in Evidenziato, NBA | 0 comments

#mvpranking

Quest’anno come non mai la corsa al Most Valuable Player è in discussione: c’è l’esplosione di Harden, che da forte è diventato immarcabile; c’è Curry, che riesce toccare corde nel profondo dei cuori degli amanti del basket in senso stretto; c’è sua maestà che semplicemente da solo fa squadra, allenatore, motivatore, leggenda; c’è mr. Tripla doppia aka Westbrook, mostruoso dal punto di vista prettamente statistico e c’è un ragazzone che da solo, nonostante le due stagioni (poche ma solide), riesce ad ergersi come leader in una rinvigorita New Orleans. Ma andiamo con ordine:

1. A mio parere nessuno come Harden merita l’mvp: c’è chi può dire non c’è confronto con Curry, l’altro vince e fa giocare, Harden è un egoista, facile far così tanti punti se si prendono così tanti tiri. Tutte balle. Perché i tiri se li sente e li mette con una percentuale più che considerevole (ad oggi il 44,2%, praticamente uno su due), e ne mette per 27 punti a partita. Se poi uno che non la passa mai ne smazza 7 a partita ed è in grado di non far sentire l’assenza di Howard la ricetta è già fatta. MAMMA BUTTA LA PASTA

jameshardenmixesitupovernets

da notare la facilità di arrotolamento spaghetti niente male

 

2. Curry vince, convince, fa giocare e divertire: un giocatore a tutto tondo, che ha portato Golden State da probabile contender a favorita: c’è da dire che i numeri sono dalla parte di Harden, ma il gioco e i risultati sono tutti dalla parte di Stephen. SPLASH MONSTER

3. Non riesco a non inserire sul podio Westbrook: come si fa a tenere sulle spalle il peso dell’assenza dell’mvp della scorsa stagione? Facile, mettendo a referto 10 triple doppie, viaggiando per più di due mesi a 30 punti e 10 assist di media: devastante, dominante fisicamente, da solo sta portando i Thunder ai playoff nella giungla dell’ovest. TARTARUGA NINJA

 

4. Lebron ha portato in una stagione una squadra dal tanking selvaggio ad un titolo che prende sempre più forma: mai assente, mai banale, sempre grandi statistiche e grande carisma per un giocatore/allenatore in grado di meritare un pochino delle pecentuali e delle statistiche degli altri nelle sue tasche. VA BENE COACH, ADESSO SIEDITI CHE CI PENSO IO

5. CP3: “the Professor” è forse uno dei più grandi lettori di gioco degli ultimi tempi: potete tranquillamente scommettere che una partita accellera o rallenta se e quando lo decide lui. Troppo in ombra, troppo silenzioso come leader per poter ambire a posizioni più alte: lui fa il lavoro sporco, gli altri si prendono la scena. Se poi appena uno sbaglia viene ridicolizzato, e nessuno pone l’accento sui 41 e 17 assist la sera dopo, la gara è falsata in partenza. GOMBLODDO

6. Davis è il prototipo del lungo del futuro, in anticipo di non si sa quanti anni rispetto agli altri: viaggiare a statistiche superiori alla doppia doppia nella tua seconda stagione è un biglietto da visita più che interessante per l’mvp ranking. SULLE ALI (O SOPRACCIGLIA) DELLA GIOVENTU’

7. Stesse statistiche di Davis, ma con un pollice che non gli da’ tregua: Aldridge è una delle chiavi del probabile fattore campo ai playoff di Portland, data la sua presenza solida e determinante nonostante gli acciacchi. IO SONO LEGGENDA

8. Altro centro dal futuro scintillante, con un deciso balzo in avanti dato le sue 2 triple doppie consecutive: Demarcus sarebbe devastante, se avesse un pochino più di autocontrollo. SUO FIGLIO E’ BRAVO, MA NON SI APPLICA

9. In attesa della 284793esima saga riguardante il rientro di Rose un ragazzotto spagnolo ha deciso di tenere in piedi la baracca a suon di doppie doppie: il buon vecchio Pau Gasol porta ancora a scuola tanti giocatori nonostante l’età sia quella che è. GALLINA VECCHIA FA BUON BRODO

10. Apriamo con Curry, chiudiamo con Thompson: stagione del definitivo salto di qualità, e se torna in forma per i playoff, gli avversari dovranno incominciare a stoppare dalla metà campo (per la cronaca 21 di media a parita col 43% dall’arco): IT’S RAINING THREES, ALLELUJA! (Feat Curry)

Una menzione la meritano anche Wall, Leonard, Millsap, quel lamentone di Lillard e Teague.
Tutti con gli occhi aperti dal 18 aprile quindi, ‘cause “this dance never ends”

 

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Davide Medri

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