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Posted by on Mag 16, 2015 in Calcio, Evidenziato | 0 comments

A history of violence

A history of violence

Con questo titolo usciva nel 2005 uno dei film capolavoro di David Cronenberg; la trama? Semplice: come la violenza è talmente radicata nella società americana da riuscire a raggiungere anche le comunità più pacifiche e a sconvolgerne per sempre i connotati. Mi piacerebbe poter dire che è esagerato fare un simile paragone col mondo del calcio: purtroppo basta dare invece un’ occhiata allo scenario europeo di quest ultimo anno e mezzo per capire che siamo ben al di là di ogni decenza e che la dignità di questo sport è ormai ridotta in briciole. Proprio una buona parte di noi europei, che tanto ci consideriamo evoluti e civili, avrebbe bisogno di guinzaglio e museruola davanti ad un semplice gioco; in sostanza siamo riusciti a far marcire uno degli spettacoli più belli al mondo semplicemente per soddisfare un impulso tanto primitivo quanto inutile. A volte ripeto fra me e me che siamo nel ventunesimo secolo, così, tanto per non rischiare di dimenticarmelo: ok che ormai non c’è un settore su questo pianeta che non vada a scatafascio (ricordo la mitica triade politica – economia – ambiente), ma vogliamo veramente veder rovinato per sempre uno dei motivi principali per cui è così bello sentirsi vivi? Non bastano i video di Shakira a ricordarci cosa perderemmo se continuassimo a sputtanare così il calcio? Forse è il momento di una presa di coscienza generale, soprattutto da parte di tutti coloro che continuiamo a chiamare “tifosi” o “ultras” mentre in verità andrebbero chiamati col termine che più loro si addice: terroristi.

Facciamo il punto della situazione: un piccolo riepilogo dei fatti più assurdi capitati negli ultimi tempi sarà utile per ricordare a tutti quanto è profondo il mare di escrementi in cui questo sport sta annegando.

Il 3 maggio 2014 la finale di Coppa Italia fra Napoli e Fiorentina è iniziata con 45 minuti di ritardo per via di scontri violentissimi in zona Tor di Quinto fra alcuni gruppi rivali di ultras, alcuni dei quali della Roma: questo delirio, trasformatosi presto in sparatoria, è riuscito a ferire 10 persone; una di queste, Ciro Esposito (30 anni), è morto dopo 50 giorni di agonia in ospedale a seguito di un colpo di pistola che aveva raggiunto la sua colonna vertebrale. Quel che è più assurdo, oltre alla totale mancanza di organizzazione delle forze dell’ordine e dei soccorsi, è che la partita si è giocata: come se non bastasse, per aggiungere la ciliegina sulla torta dello squallore, Marek Hamsik e le autorità hanno dovuto scendere a patti con Gennaro De Tommaso, capo dell’intera Curva A del Napoli e noto membro del clan camorristico Misso.

 

Trovo che questa sia un’immagine da incorniciare, una vera e propria opera d’arte: rappresenta il calcio e lo Stato che si inchinano alla criminalità organizzata, che li sovrasta da ogni punto di vista. E tutto questo per cosa? Per chiedere il permesso di giocare una “partita” che ancora prima di iniziare aveva già mietuto la vita di un innocente.

Purtroppo non solo in Italia c’è chi ha perso la vita per via di questo vero e proprio cancro dello sport. Lo scorso novembre un tifoso 43enne del Deportivo La Coruña è morto per un arresto cardiocircolatorio dopo essere stato gettato in un fiume a seguito dei violenti scontri tra frange estremiste di tifoserie rivali prima del match di Liga Atletico Madrid – Deportivo. Quella che è stata una vera e propria battaglia fra hooligans ha visto coinvolti da una parte il Frente Atletico (una parte di estrema destra dei tifosi dei Colchoneros) e dall’altra i Riazor Blues (estrema sinistra dei tifosi del Depor); lo scontro è stato ampiamente voluto da entrambe le parti, che hanno convocato i propri seguaci via Whatsapp per dare inizio agli scontri sulla riva del fiume Manzanarre. Altre 11 persone sono rimaste ferite durante la giornata.

 

A febbraio il primo ministro Alexis Tsipras e il ministro dello sport Stavros Kontonis hanno deciso di sospendere il campionato greco per via della violenza dilagante che ha contraddistinto i derby Olympiakos – Panathinaikos e Larissa – Olympiakos Volou; già precedentemente il calcio ellenico era stato scosso da avvenimenti tremendi, come l’uccisione di un tifoso in un match di terza divisione e l’accoltellamento di un dirigente dell’associazione arbitrale. Le partite sono state dunque rimandate fino a che i rappresentanti dei club non avessero sottoscritto nuove normative di sicurezza comprendenti l’obbligo di telecamere dentro e fuori gli stadi. Una decisione coraggiosa che molti altri politici e dirigenti europei dovrebbero aver la forza di prendere, e tutt’altro che severa in una realtà come quella greca, in cui scontri e riots (e non solo nel calcio) sono ormai all’ordine del giorno.

https://www.youtube.com/watch?v=oV5VJmLOg3U

Direi che questi ultimi due esempi bastano a far capire che il fenomeno degli hooligans in Europa è tutt’altro che estinto.

Per tornare al Bel paese, ad aprile sono esplose bombe carta sugli spalti dello Stadio Olimpico di Torino durante l’edizione numero 140 del derby della Mole: undici persone sono rimaste ferite, per fortuna non in maniera grave, ma quel che fa più male digerire è che si fatichi così tanto a trovare i responsabili ogni volta che accade qualcosa di simile (emblematico che in questo caso le bombe siano state attribuite prima ai tifosi della Juve, poi a quelli del Toro, e poi ancora agli juventini). E soprattutto, che si faccia così fatica a trovare una soluzione per prevenire tutto ciò, invece che dover sempre stare a contare i feriti e a raccogliere i cocci.

 

https://www.youtube.com/watch?v=o9FTsZOZbpA

Le falle in questo sistema paiono evidenti (ma in effetti non troppo visto in che situazione ci troviamo):

  • i controlli per entrare allo stadio sono insufficienti: se striscioni offensivi e bombe riescono a passare inosservati evidentemente manca qualcuno che faccia rispettare le leggi. O forse mancano proprio le leggi;
  • le società si rendono troppo spesso complici dei comportamenti dei rispettivi “tifosi”, mancando di punirli adeguatamente forse per paura di ricatti o forse perchè semplicemente subordinate ad un sistema da cui non vogliono/possono uscire; chi inoltre, come il presidente romanista James Pallotta, si oppone con decisione a questi comportamenti andrebbe sostenuto e non criticato;
  • dentro e fuori dagli stadi mancano i sistemi di riconoscimento adeguati: telecamere e forze dell’ordine quasi sempre non bastano a rintracciare (o meglio, a fermare) i responsabili dei disordini; per non parlare poi della struttura in sè degli stadi, che meriterebbe un capitolo a parte: lontananza dal campo, totale libertà per i violenti di muoversi per agire indisturbati e inadeguatezza dei servizi sono solo alcuni dei motivi per cui il calcio italiano dovrebbe darsi una mossa a costruire nuovi impianti, magari prendendo esempio dal modello inglese;
  • infine, i giocatori: prostrarsi sotto le curve prima, durante o dopo le partite per chiedere perdono o addirittura il permesso di giocare oltrepassa il limite della decenza; questo comportamento, oltre a delegittimare istituzioni già deboli, rende lo spettacolo calcistico oltremodo disgustoso, sia per chi lo gioca in prima persona sia per chi lo osserva. Occorre far capire ai cosiddetti “capi ultras” che non comandano nulla, e questo è un segnale che deve partire in primis dai calciatori, che non devono niente a nessuno di questi deviati mentali ma solamente a se stessi e a quelli che amano sul serio questo sport.

La gente ormai scappa dagli stadi. Le famiglie, i bambini e tutti coloro che sanno quali sono i veri valori del calcio e sperano solo di poterli vivere serenamente sono spinti lontani per colpa del marcio che regna sovrano in questo gioco. E questo in tutto il mondo, non solo in Italia. Forse è arrivato finalmente il momento di agire dopo anni e anni di inutili discussioni; forse è arrivato il momento per i vari governi, per la Uefa, per la FIFA, di smettere una volta per tutte di girarsi i pollici, sedersi ad un tavolo e tirare fuori in fretta delle soluzioni, prima che accadano nuove tragedie o stragi in stile Hillsborough o Heysel (nel ventunesimo secolo, non mi stancherò mai di ripeterlo). Il primo passo, già importante, sarebbe quello di smetterla di ignorare il problema aggirandolo in ogni maniera possibile o “risolvendolo” solo temporaneamente attraverso sanzioni sommarie: sarebbe il momento di ammettere che esiste una vera e propria malattia, ed è ora di tirare fuori il vaccino una volta per tutte.

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R@ccoon

Ho incominciato ad interessarmi di calcio solo a partire dai 12 anni, dopo un'infanzia votata al tennis: da quel momento in poi sono cresciuto con la passione per il Liverpool e per i procioni. Sono uno studente del DAMS di Bologna e per Piè Veloce scrivo articoli principalmente sul mondo del calcio.

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